UMBERTO NOBILE

Umberto Nobile, nacque il 21 gennaio 1885 a Lauro, quinto di sette fratelli, da Vincenzo e da Maria La Torraca (morti rispettivamente nel 1916 e nel 1917), piccoli proprietari terrieri, entrambi originari di Eboli. Così annotò nei registri l’ufficiale dello stato civile:

«Avanti a me Ferdinando Ziccardi, sindaco del Comune di Lauro, è comparso Nobile Vincenzo, di anni 39, Ricevitore del Registro, domiciliato in Lauro, il quale mi ha dichiarato che a ore pomeridiane 3 e minuti 15 del dì 21 del c.m., nella casa posta in via Fontana dalla signora Maria La Torraca, sua moglie possidente, seco lui convivente, è nato un bambino di sesso maschile che egli mi presenta e a cui dà i nomi di Umberto, Amedeo, Alfredo, Arturo, Alcibiade».

Un falegname quarantenne, Antonio Graziano, e un passante sessantenne, Michele Castaldo, entrambi analfabeti, furono i testimoni inconsapevoli dello storico episodio. Ad appena un anno dalla nascita il padre fu trasferito, così ché il piccolo Umberto non instaurò particolari rapporti con il luogo in cui nacque.

Poche cose legano Nobile a Lauro. Il battesimo, ricevuto il 2 febbraio nella chiesa di Santa Margherita dal parroco Pasquale De Rosa e qualche ricordo del paese, per lo più derivante dai racconti familiari. Uno in particolare assunse il segno di una predestinazione. Pochi giorni dopo la nascita, per sfuggire a un incendio che si era sviluppato in casa, la mamma fu costretta, con Lui in braccio, a mettersi in salvo nella strada, ricoperta di neve. Una zingara di passaggio, guardando la scena, profetizzò che il piccolo, nella vita, sarebbe stato provato dal fuoco e dalla neve.

Il padre, capo del locale ufficio del Registro, discendeva da un ramo cadetto della nobile famiglia delle Piane che, avendo rifiutato l’omaggio ai Savoia in segno di fedeltà ai Borbone, era stata privata del titolo nobiliare e aveva assunto il cognome Nobile a memoria dell’antica condizione sociale. In seguito ai trasferimenti del padre, trascorse i suoi primi anni tra Sant’ Angelo dei Lombardi, Teano e Frattamaggiore.

Dopo aver conseguito la maturità classica nel 1902, al liceo Giambattista Vico di Napoli – dove con alcuni compagni fondò un circolo culturale, frequentando anche i comizi socialisti – ed essersi laureato nel 1908 con lode in ingegneria industriale all’Università di Napoli, fu subito assunto nel Genio civile come ingegnere allievo e, l’anno dopo, all’Ispettorato generale delle ferrovie come Regio ispettore di seconda classe, dove si occupò di trazione elettrica.

Nel 1911 fu ammesso a frequentare a Roma un corso di costruzioni aeronautiche presso il battaglione specialisti del genio militare (all’origine dell’Aeronautica militare italiana). Nel 1912-13 fu incaricato di studiare i problemi riguardanti gli impianti della funicolare Savona-San Giuseppe.

Fu il primo studioso a stabilire la teoria delle sollecitazioni di flessione nei cavi portanti delle funivie. Durante la Grande guerra, benché non fosse tenuto, prestò servizio presso il battaglione specialisti del genio. Assegnato allo Stabilimento militare di costruzioni ed esperienze aeronautiche di Roma lavorò al disegno di un dirigibile destinato all’esplorazione delle acque costiere in chiave antisommergibili, tenne corsi sui motori a scoppio per gli ufficiali dirigibilisti nel cantiere di Ciampino e di aviazione per gli allievi di una scuola civile di aeronautica presso il Collegio romano.

Nel 1916 – anno nel quale sposò Carlotta Ferraiolo, di dieci anni più grande, figlia di un facoltoso notaio di Teano – progettò, assieme all’ingegnere Ugo Pesce, un nuovo dirigibile per l’esplorazione del mare, battezzato ‘O’ (osservatore), del quale, nei due anni seguenti, furono costruiti 15 esemplari per la maggior parte destinati alla Marina italiana; nel 1918 progettò inoltre il primo paracadute italiano. Nel dicembre 1917 fu nominato Vicedirettore e nel luglio 1919 direttore dello Stabilimento Militare di Costruzioni Aeronautiche. Tale rimase fino al 1927, dedicandosi al perfezionamento delle costruzioni dei dirigibili semirigidi per ovviare alla scarsa compattezza e robustezza della struttura e diminuire la resistenza all’avanzamento. A tale scopo, propose di adottare una travatura metallica a sezione triangolare col vertice basso di cui faceva parte integrante la cabina comando. Una soluzione applicata nel 1922 al dirigibile di 34.000 m3 (il T-34, il più grande semirigido che avesse mai volato), battezzato “Roma”.

Realizzò poi, con l’ingegner Gianni Caproni, il primo aeroplano metallico italiano (il Ca 73), con strutture tubolari di acciaio simili a quelle in uso nei dirigibili. In seguito progettò un nuovo tipo d’impennaggio nella costruzione di un nuovo tipo di dirigibile semirigido “N1” i cui brevetti furono ceduti all’Amministrazione Aeronautica. Il dirigibile, costruito poi per Stati Uniti, Spagna, Argentina e Giappone, fu utilizzato, previ aggiustamenti strutturali, nella prima trasvolata del Polo. Nel novembre 1923 fu nominato tenente colonnello del genio aeronautico nel Corpo ingegneri. In quel periodo partecipò anche a un concorso bandito dalla Direzione superiore del genio aeronautico per la progettazione di un sistema meccanico che consentisse a un aeroplano di atterrare sul ponte di una nave, sperimentato poi con successo. Nel 1924 costruì l’Mr di soli 1040 mc, il più piccolo dirigibile del mondo, mise a punto un sistema di atterraggio frenato per aeroplani, premiato dal ministero dell’Aeronautica, e collaborò col generale Alessandro Guidoni allo studio e alla costruzione di un elicottero.

Nel 1925 ottenne il brevetto di comandante di dirigibili in collaudo e prese contatti con l’esploratore norvegese Roald Amundsen, per il quale l’anno seguente progettò, costruì e guidò l’aeronave ‘Norge’. Va ricordato pure che per l’ormeggio del dirigibile progettò e costruì quattro piloni di cui è ancora esistente quello di Vadso. L’aeronave, con un equipaggio di sei italiani, otto norvegesi, uno statunitense (Lincoln Ellsworth, principale finanziatore dell’impresa) e uno svedese, effettuò la prima traversata della calotta polare artica partendo dall’aeroporto di Ciampino il 10 aprile 1926 per giungere, dopo alcuni scali, a Kingsbay (Baia del Re) il 7 maggio.  Dopo una sosta di quattro giorni, alle ore 1.30 del 12 maggio raggiunse il Polo. Proseguendo lungo il 150° meridiano di Greenwich, la spedizione, dopo aver tagliato la costa settentrionale dell’Alaska, atterrò a Teller il 14, dopo 171 ore complessive di volo e 13.000 km.

L’aver accertato l’assenza di terre tra il Polo e Punta Barrow, la cui esistenza era stata ipotizzata da molti studiosi, fu il principale risultato scientifico; ma di grande valore, e apripista per le future ricerche, furono pure le osservazioni meteorologiche in una regione fino allora sconosciuta. Sebbene l’impresa fosse merito congiunto dei diversi protagonisti, il governo fascista presentò la spedizione come frutto esclusivo del genio italico e conferì a Nobile – promosso da Mussolini a maggior generale del genio aeronautico e festeggiato in diverse città italiane – l’Ordine militare di Savoia. Grazie a Il Mattino del 14-15 maggio 1926 che titolava in prima pagina “Il giubilo dell’Irpinia per il suo figlio” conosciamo l’eco che ebbe a Lauro la sua impresa: «L’Irpinia, che ha seguito con trepidazione i successivi voli del comandante Nobile, ha appreso con infinito orgoglio che questo suo nobile ed intrepido figlio si avvia ormai trionfalmente alla conclusione della sua grande e audace fatica. Dal Comune di Lauro che gli diede i natali e dal capoluogo della Provincia, son partiti radiotelegrammi beneauguranti all’indirizzo di questo dominatore dell’aria, che ha affermato il prestigio e la gloria dell’Italia nel campo delle esplorazioni artiche. L’Irpinia ammirando ne iscrive il nome glorioso nell’albo d’oro dei suoi più grandi figli».

Sempre da Il Mattino, del primo ottobre 1926, sappiamo che Nobile, il 30 settembre, si recò a Lauro e poi «alle ore 11,10 proveniente dalla natia Lauro accompagnato dalla consorte signora Carlotta, dalla figlia Maria, dal podestà di Lauro avv. Frezzaroli e da altri cittadini del comune» raggiunse Avellino dove ebbe una trionfale accoglienza. Dopo qualche settimana, i cittadini lauretani dimostreranno ancora il loro entusiasmo per l’illustre concittadino. Da Il Mattino del 24 ottobre 1926: «il generale Nobile alle ore 15 si è imbarcato sul “Roma” per il suo viaggio in America […] ha quindi ricevuto a bordo del piroscafo una commissione dei cittadini di Lauro con a capo il podestà Frezzaroli, che ha portato all’eroe il saluto del suo paese natio e gli ha offerto un album contenente le firme di tutti i cittadini di Lauro preceduto da un indirizzo augurale. Il generale ha molto gradito l’offerta e si è affettuosamente intrattenuto con i suoi concittadini». Questa rimase per lungo tempo l’ultima manifestazione di affetto tributatagli dai lauretani.

Nell’ottobre 1926, l’Università di Genova gli conferì la laurea di dottore in Scienze nautiche e quella di Napoli lo nominò professore ordinario di Costruzioni aeronautiche presso la Regia Scuola di ingegneria. Recatosi in Giappone a fine gennaio 1927 per dirigere il montaggio dell’aeronave N-3, costruita nelle officine di Roma per la Marina giapponese, effettuò sei voli di collaudo in aprile con eccellenti risultati. Al ritorno fu nominato direttore della regia scuola di ingegneria di Napoli e fu incaricato di costruire, col sostegno finanziario di un gruppo di industriali milanesi che fornirono anche la nave appoggio Città di Milano, un nuovo dirigibile e di allestire una nuova spedizione. Nacque così il dirigibile Italia, realizzato esclusivamente con finanziamenti privati. L’obiettivo di Nobile era compiere una serie di voli su terre ancora sconosciute, in una fascia circumpolare estesa da Capo Bridgman, all’estremità settentrionale della Groenlandia, alla Severnaja Zemlja (Terra del Nord), per portare la bandiera italiana al Polo e promuovere un’attività di ricerca scientifica oceanografica, geografica e geofisica con l’appoggio di prestigiosi istituti universitari.

Avvalendosi delle esperienze precedenti, la spedizione fu preparata con cura a cominciare dall’equipaggiamento. Partiti il 13 aprile, i 18 membri – tra i quali tre scienziati, due giornalisti e un gruppo di alpini comandati dal capitano Gennaro Sora con funzioni di supporto – raggiunsero il 6 maggio, dopo un volo di circa 6000 km, la base norvegese della Baia del Re nelle isole Svalbard. Fallito il primo tentativo di esplorazione sulla calotta polare a causa delle cattive condizioni meteorologiche in prossimità di Capo Nord, il secondo – durato quasi tre giorni ininterrottamente tra le isole settentrionali dell’arcipelago Francesco Giuseppe e la regione della Terra del Nord – permise di esplorare circa 50.000 km2 di zone sconosciute e percorrere oltre 4000 km. Il terzo si proponeva di toccare Capo Bridgman, per fare poi rotta alla volta del Polo esplorando una zona ignota a nord della Groenlandia. Nonostante una forte perturbazione, l’Italia partì da Ny-Ålesund il 23 maggio, raggiungendo la meta alle ore 00.24 del giorno seguente, quando dalla verticale del punto furono lanciate una croce di quercia benedetta da Pio XI, la bandiera dell’Italia e il gonfalone della città di Milano. Il dirigibile incrociò sul Polo per un paio d’ore, lentamente e a bassa quota, per consentire le rilevazioni degli scienziati e, non potendo eseguire il previsto atterraggio, prese la via del ritorno. Si schiantò però – colpito da una tempesta di neve e appesantito da alcune tonnellate di ghiaccio formatosi sull’involucro, che bloccarono il meccanismo di fuoriuscita dell’idrogeno dei compartimenti di poppa – alle ore 10.33 del 25 maggio sul pack del mar Glaciale Artico a quasi 100 km dalla Terra di Nord-Est (Svalbard).

Nell’urto, il fondo della cabina di comando si ruppe facendo precipitare sul ghiaccio dieci uomini (František Behounek, Giuseppe Biagi, Natale Cecioni, Finn Malmgren, Adalberto Mariano, Nobile, Vincenzo Pomella, Felice Trojani, Alfredo Viglieri e Filippo Zappi) oltre alla cagnetta Titina che Nobile portava sempre con sé. Pomella morì nell’impatto. Gli altri sei (Renato Alessandrini, Ettore Arduino, Attilio Caratti, Calisto Ciocca, Ugo Lago e Aldo Pontremoli), rimasti a bordo del dirigibile che, sgravato dal peso della cabina riprese quota, scomparvero per sempre probabilmente inabissati nel mare di Barents. I materiali caduti con l’impatto o gettati dall’aeronave da Arduino (cibo, una piccola stazione radiotelegrafica e la famosa Tenda Rossa in realtà di colore argento, ma colorata con l’anilina, sostanza usata per le rivelazioni altimetriche, perché fosse più facilmente visibile dagli aerei di soccorso) consentirono ai superstiti di sopravvivere (tranne Malgrem, Mariano e Zappi che decisero di muoversi alla volta di Capo Nord nella speranza di incontrare le spedizioni di soccorso) andando alla deriva verso sud-est, per sette settimane in terribili condizioni ambientali. Solo l’8 giugno la nave-appoggio Città di Milano riuscì a intercettare alcuni frammenti della chiamata di soccorso e a informare i superstiti che si stavano organizzando spedizioni di soccorso da parte di Italia, Svezia, Norvegia, Russia e Finlandia. Localizzati il 19 dall’idrovolante di Umberto Maddalena, furono raggiunti il 24 da un piccolo aereo svedese del tenente Einar Lundborg, incaricato di portare in salvo il generale prima dei suoi compagni, affinché potesse coordinare le operazioni di soccorso, nonostante Nobile insistesse per fare imbarcare il capo meccanico Cecioni ferito a una gamba. Quando lo stesso pilota tornò a prelevare gli altri, precipitò, rimanendo a sua volta imprigionato tra i ghiacci: nelle successive operazioni di soccorso allestite da diverse nazioni, morirono otto persone e lo stesso Amundsen scomparve il 18 giugno nel mare di Barents mentre, accantonati vecchi risentimenti, si dirigeva su quelle isole a bordo di un aereo inviato dalla Francia, il Latham 47, per prendere parte alla ricerca dei dispersi. A fronte di un vasto e generale intervento internazionale di soccorso ai superstiti, raggiunti il 12 luglio dall’equipaggio del rompighiaccio russo Krassin guidato da Rodolfo Samoilovich, l’Italia rimase passiva. La Città di Milano, per disposizione del governo restò alla fonda nella Baia del Re e quando Nobile salì a bordo, fu posto in stato d’arresto e impossibilitato a fornire indicazioni utili per il salvataggio, mentre la stampa cominciò ad accusarlo di vigliaccheria su pressione del fascismo nei confronti del quale non aveva mai manifestato alcuna simpatia. Il 22 luglio, dietro ordini ricevuti da Roma, la Città di Milano, con a bordo Nobile e compagni, lasciò la Baia del Re e il 31 luglio i superstiti della spedizione rientrarono a Roma accolti da una folla immensa. Seguirono violente polemiche, animate soprattutto da Italo Balbo, il capo dell’Aeronautica fascista, ostile ai dirigibili e tanto avverso a Nobile da arrivare a chiederne la fucilazione per tradimento e viltà. Alla fine dell’autunno 1928 fu costituita una commissione d’inchiesta composta di persone incompetenti di navigazione aerea e avversari manifesti di Nobile. Le risultanze della commissione, rese note il 4 marzo 1929, furono naturalmente sfavorevoli a Nobile – accusato di aver male organizzato la spedizione, compiuto un errore di manovra all’altezza del Polo e abbandonato il posto di comando e i suoi uomini (sebbene il primo mezzo di soccorso giunto fosse in grado di portare un solo passeggero e il pilota avesse insistito nel prenderlo a bordo avendo ricevuto ordini tassativi). Il giorno 5 per protesta Nobile si dimise dal grado e dall’impiego e, poco dopo, anche dall’università. Nel gennaio 1930 fu invitato a Stoccolma dalla reale società geografica che gli conferì la targa Andrée. Chiamato da Samoilovich, nell’estate del 1931 compì un viaggio nella Terra di Francesco Giuseppe, a bordo del rompighiaccio Malyghin, nella speranza di svolgere ricerche sulla scomparsa dell’Italia, ma le pessime condizioni dei ghiacci non permisero alla nave di avvicinarsi alla Terra Alessandra, dove Nobile riteneva di poter trovare elementi utili all’indagine.

I responsabili della corporazione della flotta aerea civile russa (Aeroflot) e della Dirigiablestroi, con un accordo sottoscritto il 30 settembre 1931, gli affidarono la guida per quattro anni di un grandioso programma di dirigibili simili a quelli da lui progettati e la consulenza per tutte la questioni tecniche concernenti l’impiego di quelli già costruiti.

Nel gennaio 1932 si trasferì in Unione Sovietica come sovrintendente alla progettazione e costruzione dei dirigibili. Nell’estate del 1934, intanto, era morta a Roma la moglie Carlotta, da cui aveva avuto la figlia Maria. Nobile tornò in Italia nel Natale 1936, chiamato a far parte dell’Accademia pontificia delle scienze, della quale era socio corrispondente fin dal febbraio 1929. Collaborò anche, per alcuni mesi, ma in maniera clandestina, con lo stabilimento aeronautico di Caproni, progettando fra l’altro un sistema per far uscire l’aeroplano dalla vite e studiando un progetto di un aereo capace di trasportare un MAS o un carro armato. La crescente ostilità del regime fascista lo costrinse, però, ad abbandonare di nuovo l’Italia. Verso la fine del 1939, si recò negli Stati Uniti per dirigere e sviluppare una fondazione d’ingegneria aeronautica presso la Lewis Holy Name School of Areonautics di Lockport (Illinois) e insegnare a Chicago; poi, nel febbraio 1943, in Spagna per una serie di conferenze in diverse università. Fu qui che incontrò la ventiseienne Gertrude Stolp, nata ad Amburgo da una famiglia di armatori, che sposò a Roma nel 1959. Alla caduta del fascismo rientrò definitivamente in Italia. Nel 1945 il nuovo governo democratico nominò una commissione con l’incarico di riesaminare il suo caso. La commissione, esaminati i documenti, propose che fosse reintegrato nei ranghi dell’Aeronautica col grado di maggior generale del genio aeronautico. Nel 1946 fu eletto come indipendente nelle liste del Partito comunista italiano (PCI), nella circoscrizione del Lazio, nell’Assemblea Costituente. In questo periodo i rapporti tra Nobile e Lauro toccarono il punto più basso. Per la sua candidatura nelle fila comuniste sembra abbia ricevuto persino delle minacce. Chiusa la parentesi politica nel 1948, riprese a insegnare all’Università di Napoli e a studiare aerodinamica affrontando in modo sistematico le correnti superaerodinamiche, la portanza e la resistenza alle quote che i satelliti artificiali avrebbero raggiunto e altri argomenti di aeronautica e astronautica. Nel 1954 pubblicò un trattato di aerodinamica. Nel 1960, raggiunto il limite di età, fu collocato a riposo come professore universitario e nominato professore emerito dell’Università di Napoli. In quel periodo, anche se gli era stato restituito il grado e il rispetto, e la presidenza del Consiglio dei ministri lo avesse nominato il 27 dicembre 1966 grande ufficiale dell’ordine al merito della Repubblica Italiana, si trovò ancora costretto a difendersi dalle accuse di quanti continuarono a valutare egoistico e poco dignitoso il comportamento tenuto in occasione della tragedia dell’Italia. Nobile non cessò di promuovere iniziative giudiziarie e di riproporre in ogni occasione possibile dibattiti, interviste, libri, documentari, la sua versione dei fatti.

Il rapporto tra Nobile e Lauro fu ristabilito nel 1976, in occasione del cinquantesimo anniversario della trasvolata polare del Norge, quando l’ultranovantenne generale accettò l’invito del sindaco Ottavio Colucci, ritornò a Lauro e fu festeggiato, il 4 luglio, nel castello Lancellotti. Morì a Roma il 30 luglio 1978, dopo aver trascorso gli ultimi mesi di vita su una sedia a rotelle. Oggi, finalmente superati i giudizi negativi sul suo comportamento, si riconosce a Nobile di essere stato il protagonista di una grande avventura umana e scientifica e lo si colloca fra i pionieri e le personalità più significative della storia dell’aeronautica italiana.

Lauro ha dedicato a Nobile la piazza su cui si affaccia la casa in cui nacque, sulle cui mura, nel 1926, fu posta una lapide in occasione della sua visita. Un’altra lapide è stata murata in piazza Lancellotti in occasione del cinquantenario della spedizione del dirigibile “Italia”. Nel Vallo anche i comuni di Moschiano e Taurano gli hanno dedicato una strada. L’omaggio più importante di Lauro alla memoria di Nobile è da individuarsi nel museo a lui dedicato, una struttura che per importanza si affianca al Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia “Leonardo da Vinci” di Milano e al Centro di Documentazione “U. Nobile” del Museo Storico dell’Aeronautica Militare di Vigna di Valle. Il museo conserva strumenti e indumenti serviti per entrambe le spedizioni polari, l’archivio dei grafici e dei progetti, la corrispondenza riguardante le spedizioni polari e poi onorificenze, decorazioni, targhe, diplomi e attestati ricevuti da Nobile. Il primo nucleo della raccolta fu mostrato al pubblico, nell’aprile del 1985, nei locali della scuola media, ed era costituito da una prima donazione di cimeli fatta dalla famiglia Nobile, che volle dar seguito al desiderio espresso dal Generale nella sua ultima visita lauretana.

Individuato come sede il seicentesco Palazzo Pignatelli, il museo, arricchito da nuove donazioni, fu inaugurato il 25 settembre del 1988, dal sindaco Luigi Ferraro. Dal 1994 al 1996, con l’amministrazione di Antonio Bossone, che ne affidò il rilancio a Sebastian Amelio, il museo fu ristrutturato e riaperto. Maria Nobile fu chiamata a ricoprire la carica di direttrice. Furono instaurati rapporti di collaborazione con l’Università di Napoli e con i musei di Milano, Vigna di Valle e Fermo, che conservavano altri cimeli e raccolte di documenti sulle esplorazioni polari. L’archivio, vero punto di forza del museo, fu ampliato e messo a disposizione degli studiosi che cominciarono a frequentare le sue sale. Il Palazzo Pignatelli, al cui interno fu allestito anche il museo dedicato alla pittura naif, divenne un polo d’attrazione per numerosi visitatori e turisti. Il turismo scolastico, stimolato dalla fama di Nobile, cominciò a svilupparsi rapidamente. Fu in quegli anni che nacque l’idea di premiare con il “dirigibile d’oro” giovani ricercatori, studiosi e scienziati impegnati nello studio delle stesse materie di cui si era occupato Nobile. In seguito la Direzione scientifica è stata affidata al colonnello Ovidio Ferrante. Infine sono da ricordare quei cittadini di Lauro che si danno privatamente da fare per tramandarne il ricordo. Come Francesco “Ciccio” Lauro, che ha messo insieme una collezione, veramente notevole, di libri, giornali, riviste e documenti originali dedicati a Nobile o come il gruppo di persone, capeggiate da Antonio Ventre, che hanno costituito e animano su Facebook il gruppo “amici di Umberto Nobile” che conta oltre 440 membri.

Biografia di Umberto Nobile scritta da Ferdinando Mercogliano